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Dopo Carpi-Reggiana 5-1 la lettera (d’amore) aperta di un tifoso per Massimiliano Alvini

 

lunedì 10 febbraio 2020:

Caro Max Alvini ti scrivo, lo faccio oggi ma era un po' che volevo farlo, lo faccio oggi perchè  è più difficile farlo,  e a noi reggiani  piacciono tremendamente le cose difficili. 
Intanto... grazie soprattutto oggi, grazie perchè spostare duemilacinquecento persone in una categoria infima  dopo vent'anni ci riescono in pochi.

Ti scrivo perchè voglio darti un abbraccio immenso e perchè vorrei che tu sia consapevole chi siamo noi reggiani (ma forse lo hai già capito) .
Noi siamo gente che vanga la terra e si abbassa sempre sapendo che il rimanere alla terra è sintomo di purezza intellettuale e il volare lo facciamo solo quando le ali sono ben attaccate al busto e i venti soffiamo dalla parte  giusta ben sapendo che dalla parte giusta soffiano molto poco nella vita. 
Siamo gente che morde e suda, che mastica e  sputa. 

Non siamo abituati a favori del destino e entrare nel girone del paradiso, perchè per noi l'inferno con  il suo fuoco e fiamme è l'anticamera della quotidiana lotta con la vita.
Siamo tenaci e di radice forte, siamo gramigna dei fossi, erbaccia di periferia  che neanche con  la falce la estirpi. Siamo un po come quelle piante che con più le poti con più buttano germogli e rami.
Non ti sbarazzerai facilmente di noi. 
Abbiamo una scorza che è un po dura come le nostre teste. 
Se hai voluto metterci alla prova è giusto che tu sii consapevole che noi  tanto... non molliamo, non molleremo mai. 
Ci troverai ancora li a cantare per te per i ragazzi e per la maglia.
Non ci sono sconfitte nella nostra lotta, perchè noi siamo gente a testa alta sempre. 
Siamo abituati alle battaglie, agli scontri senza sconti.  
Da sempre.

Questa è una città, questa è gente che va capita, e io sono sicuro che tu l'hai capita; una città in cui occorre entrarvi indossando un vestito apposito, potremmo dire che va vissuta col tabarro e i vestiti da lavoro; affonda le radici nella terra e gli abitanti sono sempre stati attaccati all'idea di pragmatismo e semplicità; quando in seguito alle vicissitudini storiche nel Rinascimento i duchi furono costretti a lasciare la loro elegante Ferrara da sempre capitale indiscussa del regno estense  (era  il 1598)  l'allora duca Cesare d'Este volle scegliere come nuova capitale Reggio, ma i reggiani non furono d'accordo in quanto avere in città la corte significava finanziare e subire tassazioni e  elargizioni di denaro frutto della vita dispendiosa dei vizi della corte; dimostrazione  che questa città ha da sempre un anima concreta, potrebbe sembrare  che si sia lasciata scappare  un'occasione ma questi reggiani sono così, attaccati più alla terra che non ai lustri del lusso dei reali il cui arrivo in città era vista come mantenere dei parassiti. La casata d'Este  dovette rimediare su Modena che allora era molto più fatiscente di Reggio, con un centro ben più modesto di casupole affacciate sui canali  mentre Reggio era già elegante di suo con palazzi e dimore di una borghesia più umile rispetto a Ferrara ma dedita alle arti.

Non andò bene neppure all'esercito napoletano all'ordine del re  Gioacchino Murat quando alleatosi con l'Austria contro il Regno Italico  nel 1814 mandò  in avanscoperta una cospicua parte del suo esercito con mille soldati e seicento cavalli, cercando di convincere i reggiani a unirsi alle truppe. La sosta reggiana dei soldati  procurò razzie autorizzate come togliere agli abitanti il tabacco, lenzuola e vettovaglie; sequestri forzati per i bisogni dei  soldati. Fu quando i primi "invasori" iniziarono a importunare le donne che si scatenò il putiferio. Molti soldati gettati all'interno delle case furono trucidati e seppelliti in cantina.
Le truppe fuggirono a gambe levate.

Questa è una città che la testa non l'ha chinata mai.
Quindi caro Max, figurati cosa è per noi una sconfitta, è solo la faccia di uno specchio che ci fa vedere chi siamo veramente, gente che rimboccandosi le maniche questa sconfitta la ribalta.
Con la forza del credere a un idea un amore per la propria città, la propria terra  e convinti che prima  o poi la storia cambierà.
Continua a vivere tranquillo i nostri sogni, culla i nostri desideri. 
Noi siamo qui, popolo granata  a renderti omaggio. 
Le nostre preoccupazioni sono ben altre; stiamo cercando di capire dove possiamo fermarci a mangiare nella lunga trasferta di Trieste, in un mercoledì sera padano di nebbia e rugiada in quale piazzola appoggiare il culo  per mordere un panino al fianco di un bicchiere  al vento dell'est.

Culla i tuoi sogni,  che sono i nostri.
Oggi è già passato, il domani è già  festante perchè ne siamo certi che... noi per quelli che siamo ... non perderemo mai

E tu e i tuoi ragazzi insieme a noi. 
Perchè noi ci crediamo, oggi ancor di più.

 

Massimo Montanari (Gruppo Vandelli)

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