I LUOGHI, LE STORIE - Borgonuovo e la bufala dei focesi

martedì 16 dicembre 2014:
I LUOGHI, LE STORIE di Riccardo Cardellicchio
Borgonuovo e la bufala dei focesi

Frammenti di una storia, quella di Fucecchio, per eliminare dubbi che vagolano tra la gente. Frammenti raccontati, nella lunga intervista concessami, da Alberto Malvolti, storico apprezzato a livello toscano, presidente della Fondazione Montanelli Bassi. La propongo un po’ alla volta.
Toglimi una curiosità: è nato prima Borgonuovo o Fucecchio?
“Bisogna intenderci: il villaggio di Borgonuovo, che sorgeva presso l’Arno, è ricordato per la prima volta nel 984, il “luogo detto” Fucecchio (nella forma Ficeclum) è invece documentato dal 1011. Sembrerebbe quindi che intorno al Mille il primo nucleo del paese fosse proprio Borgonuovo, mentre Fucecchio era un nome generico, riferito a un luogo e non a un centro abitato. Ma nella graduatoria bisognerebbe inserire anche il castello di Salmarzana, menzionato per la prima volta nel 1034. Tuttavia il fatto che un nome compaia per la prima volta in un documento non significa affatto che il luogo o il villaggio a cui si riferisce sia nato solo in quella data; certamente questi nomi venivano usati già da anni quando per la prima volta rimasero fissati in un documento. Probabilmente il castello di Salamarzana e il villaggio di Borgonuovo  nacquero insieme su iniziativa dei Cadolingi; Fucecchio, che in un primo momento indicava semplicemente un luogo (la collina dei fichi), soppiantò ben presto gli altri nomi per indicare l’intero paese e il territorio circostante”. 
Alcuni,  pur essendo stato chiarito tutto da tempo, amano immaginare d’essere discendenti dei greci focesi e non di romani capitati su un colle, dove faceva bella mostra di sé una piantagione di fichi. Rammentano Catone, Annio Viterbese, re Desiderio e non so chi altro. Tutta colpa di Emanuele Repetti e del suo Dizionario geografico e fisico della Toscana, o di chi altro? Ma, poi, siamo sicuri che il nome derivi veramente da Ficiclum?
“Ognuno è libero d’immaginare il passato come vuole, rispettando quel poco che possiamo trarre dai documenti. A me, ad esempio, quando lascio andare la fantasia, piace immaginare che un giorno il conte Cadolo, con i suoi più stretti collaboratori,  sia arrivato nel “luogo detto” Fucecchio durante una battuta di caccia, dopo essersi spostato da Pistoia verso il Valdarno inferiore (dove i boschi e le acque del Padule promettevano abbondante selvaggina).  Era certamente un giorno precedente al 982, anno in cui il conte Cadolo risultava già defunto. Arrivato presso l’Arno avrà notato – lui o uno dei suoi uomini – un guado particolarmente favorevole per attraversare il fiume. Forse quel giorno c’era da quelle parti un grande cigno e perciò da allora quel luogo si chiamò “Guado del cigno” (Vadocigni). E forse fu allora che nacque in lui il progetto di fondare un castello (Salamarzana) a guardia del guado, e più tardi un ponte (ponte di Bonfiglio) e un monastero che avrebbe certamente attirato i pellegrini che, percorrendo la Via Francigena, dovevano attraversare l’Arno. Un modo per assicurarsi la salvezza dell’anima, ma anche per consolidare i propri poteri. Fantasie, d’accordo,  ma niente impedisce d’immaginare che le cose siano andate così”.
(1, continua)  

Riccardo Cardellicchio