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I LUOGHI, LE STORIE: Il bamboccione attempato

 

martedì 31 marzo 2015:
di Riccardo Cardellicchio


Il pesce d’aprile, che ha coinvolto Leonardo Pieraccioni e ha scatenato l’ira funesta di alcuni colleghi, conteneva un accenno di soggetto: parlava di un bamboccione attempato. Un accenno, soltanto. Ma, nella mia testa, è cominciata a girare una storia. Niente d’eccezionale, si badi bene.
Location: Fucecchio. Il castello, con i suoi angoli suggestivi. Protagonista un tipo alla Pieraccioni, che ha cinquant’anni, ma si mantiene, non solo nei suoi film, un Peter Pan.
Figlio unico, vive coi genitori, i quali non lo vorrebbero più tra i piedi. Per il bene suo, dicono. Però, tra loro, parlano anche di quella libertà che non hanno avuto, e non hanno, causa la presenza del figlio. Sicché è tutto un invitare a cena, le rampolle di famiglie amiche, con la speranza che, nel figlio, scatti la molla. In realtà, i genitori, nella voglia di liberarsi del bamboccione attempato, non sanno scegliere. Per questo, arriva la brutta, la leggera, la maliarda, e via di questo passo, fino a quando il bamboccione non ne può più e rivela ai genitori che è innamorato di una creola. I genitori mostrano d’essere contenti, gli chiedono a quando le nozze? Ma lui risponde, dopo alcune titubanze, che, ora come ora, non siamo a niente, anche perché la creola è all’oscuro dei suoi sentimenti. I genitori si guardano, hanno capito: il loro figlio è innamorato da solo. Non è la prima volta, con risultati disastrosi. I genitori sono delusi.
Tutti vanno a letto. I genitori parlottano tra loro, mentre il figlio se ne sta disteso sul lettino a occhi aperti, a rimuginare sulla sua situazione.
Stanco delle manfrine dei suoi genitori, il bamboccione attempato vuole dare una svolta alla sua vita. Sicché va di volata dalla creola (commessa in un bar) e si dichiara, senza un certo imbarazzo, che ha anche lati comici. La creola – bella, vistosa - accetta il suo invito a cena, per la sera dopo, dimostrando che il bamboccione non le è indifferente. Anzi. Il bamboccione non sta nella pelle. Coinvolge i suoi genitori.
Il ristorante scelto è in collina, che i due raggiungono con l’auto di lui. Non c’è molta gente.
La creola vorrebbe dire qualcosa, ma il bamboccione glielo impedisce. A un certo punto, la creola desiste.
Dopo la cena, fanno un giro per le colline. E arriva l’ora di rientrare. L’auto si ferma davanti all’edificio dove la creola abita. La creola non scende, si trattiene, guarda il bamboccione, poi gli dice se vuole salire e lui risponde di sì.
Appena entrati nell’appartamento, piccolo e ben tenuto, il bamboccione non regge: la bacia, mentre la spoglia e tenta di spogliarsi. La creola rimane soltanto con le mutandine. Lui allunga le mani per torgliere anche quelle, ma tocca qualcosa che non dovrebbe esserci. Si ferma, la guarda sorpreso, meravigliato. E la creola: “Per tutta la sera, ho cercato di dirtelo, ma me l’hai impedito”.
Il bamboccione raccoglie, in fretta e furia gli indumenti che si è tolto, e guadagna l’uscita. In silenzio. Impressionato. Scuote la testa. “Via, via… per l’amor del cielo… Ci mancherebbe che, ai miei du’ vecchi, gli portassi in casa un trans…”.
A casa, trova i genitori ancora alzati. La mamma chiede subito com’è andata e lui risponde che non era una creola, ma un… creolo.
Seguono giorni amari. Il bamboccione cammina molto, nel tempo libero. Cerca di smaltire la delusione.
Una domenica pomeriggio – sole primaverile – si siede su una panchina del parco, nella parte antica della città. Tossisce. Sospira. Dice: “Finalmente” Tiene la testa bassa. Lo raggiunge una voce di donna. “Anche lei è stanco?” Guarda alla sua sinistra e vede, seduta sulla stessa panchina, a mezzo metro da lui, una donna sui trent’anni, bionda, non male. Accanto, un cane da ciechi. Lui risponde che giornate come quella mettono la fiacca addosso.
E lei, tenendo gli occhi fissi davanti a sé: “Ma fanno venire, ancora di più, la voglia di vivere, nonostante tutto”.
Lui la guarda, s’avvicina e le stringe la mano destra, che tiene in grembo.

Riccardo Cardellicchio

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