I LUOGHI, LE STORIE - L’eccidio che fa litigare

martedì 14 aprile 2015:
di Riccardo Cardellicchio

L’eccidio che fa litigare

Dopo 71 anni, si continua ad accapigliarsi di brutto sulla strage del duomo di San Miniato, avvenuta il 22 luglio 1944. Per alcuni, fu opera dei tedeschi, con la compiacenza del clero locale. Per altri, avvenne per fuoco amico: gli americani (alleati) non erano lontani e bombardavano la città a più non posso.
Le due versioni sono ricordate in due lapidi, murate sulla facciata del municipio. La prima, messa dopo la Liberazione. La seconda, in anni recenti, in seguito a studi e ricerche.
In sostanza, sono documenti che raccontano le due verità in cui credono, e si dividono, i samminiatesi. Se si vuole, hanno una loro logica. Fanno parte della storia di San Miniato.
Una situazione anomala, non v’è dubbio, ma così sarebbe andata avanti, se al sindaco attuale Vittorio Gabbanini, o chi per lui, non avesse esternato il proposito (poi attuato) di toglierle, tutte e due, per metterle in un ipotetico museo della memoria. Al loro posto, una terza lapide, con i nomi delle 55 vittime.
Al primo cittadino, sia pure con qualche giorno di ritardo, ha risposto, nel suo blog, Renzo Ulivieri (Sel), al vertice dell’associazione degli allenatori italiani e, quel giorno, tra i sopravvissuti. Ha contestato la decisione del sindaco, terminando con un “vaffa”, cui è seguito un incontro-scontro davanti al municipio: ambedue le cose gli hanno procurato una querela da parte di Gabbanini.
A parere mio, quando le divergenze politiche finiscono nell’aula di un tribunale, vuol dire che non si accetta il confronto, anche pesante, del’avversario. Come, del resto, è per le critiche, che sfociano in offese o minacce.

Rccardo Cardellicchio