I LUOGHI, LE STORIE - Ignorate tre “carte” a difesa dell’acqua

martedì 12 gennaio 2016:

 di Riccardo Cardellicchio

Ignorate tre “carte”  a difesa dell’acqua

Il referendum non cancella gli equivoci sull’acqua.

L’acqua è maltrattata. In altre parole, non è rispettato un diritto umano. Un diritto che ha, alla base, una domanda. Per l’Italia, in generale, è stimata in 56 miliardi di metri cubi. Un prelievo di 980 metri cubi pro capite annuo. Il che fa essere l’Italia al primo posto in Europa e al terzo nel mondo per consumo. Il 60% è destinato a uso agricolo, il 25% all’industria e il 15% a uso domestico.

Ci sono tre “carte” ignorate. 

La prima. E’ la carta approvata dal Consiglio d’Europa il 16 maggio 1968, a Strasburgo, su iniziativa del Comitato europeo per la salvaguardia della natura e delle sue risorse.  E’, in pratica, un decalogo contenente dodici principi. Vale la pena ricordarne alcuni.

In primo piano. Senz’acqua non c’è vita, quindi è un bene prezioso, patrimonio comune e, come tale, va salvaguardato. Le risorse non sono illimitate, per questo è indispensabile preservarle, se non aumentarle.  Alterarne la qualità “significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri viventi che da essa dipendono”. La qualità deve essere tale da soddisfare tutte le esigenze delle utilizzazioni previste, ma deve soprattutto soddisfare le esigenze della salute pubblica. La buona gestione dell’acqua deve formare oggetto di un piano stabilito dalle autorità competenti;

La seconda. L’8 maggio 1996, fu approvata una dichiarazione di intenti, poi passata alla storia come Carta di Monastier.

“L’acqua –  afferma – è simbolo eterno della vita, luogo dell’indispensabile riconciliazione tra l’uomo e la natura, materia primigenia, forza di evoluzione, dominio della ricerca scientifica, della sperimentazione dell’ingegno umano e dell’ispirazione artistica, condizione per ogni insediamento umano. Eppure oggi è soprattutto merce”. Quindi affare. L’ultima cosa che dovrebbe essere: equivale alla negazione della civiltà dell’acqua. Che è, invece, “insieme di conoscenze e di comportamenti che non solo approfondiscano e allarghino la coscienza critica degli sprechi e degli abusi dell’acqua in quanto risorsa, ma contribuiscano anche a trasformare la scala dei valori”.

In sostanza, si tratta di cambiare “consuetudini individuali e collettive” per arrivare a una nuova antropologia dell’acqua, dove emergano il valore della natura e della memoria.

La terza. Nel settembre 1998, un comitato internazionale, presieduto da Mario Soares, di cui facevano parte Daniel Mitterand e Riccardo Putrella, redasse il “Manifesto dell’acqua”, seguito dalla “Carta dell’acqua”, elaborata nel marzo 2001, a Ferrara, dal Comitato italiano per il contratto mondiale sull’acqua, destinata ai consigli comunali per l’approvazione.

Tra i punti salienti.

Mantenere nella sfera pubblica la proprietà e la gestione dell’acqua ovvero il capitale e i servizi a essa collegati (infrastrutture e insieme dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione). Applicare un sistema tariffario giusto e solidale, fondato sul principio di sostenibilità: al principio, secondo cui chi spreca paga e chi inquina paga va aggiunto il principio secondo cui lo spreco non può essere accettato: devono essere posti dei severi limiti ai consumi massimi tollerabili, oltrepassati i quali le sanzioni diventino molto pesanti… .incentivare una nuova cultura dell’acqua.